Questo post ha l’ambizione di parlare nello specifico di questioni federali e nel contempo di contribuire ad una riflessione più ampia, che vada oltre le sigle di appartenenza.
Del resto siamo tutti praticanti di una disciplina che ha, nel suo nucleo più interno, il mandato di saper coniugare il particolare di ogni individuo con l’universale dei principi che governano il funzionamento di ciascuno di noi. L’ambizione fa parte quindi del setting di ogni praticante.
Di rientro da un Seminar ci sono sempre molti pensieri, sensazioni, emozioni e spunti da elaborare.
Il seminar nazionale FIJLKAM del settore Aikido, che si è tenuto nella splendida cornice di Salerno nello scorso fine settimana, è stato un evento molto denso di tutti questi elementi.
Non è “soltanto” l’aspetto ambientale e umano a lasciare il segno, per quanto l’impeccabile organizzazione, l’ospitalità e la generosa disponibilità di tutto il gruppo locale siano un esempio di grande ispirazione.
Non è nemmeno l’intenso programma di lavoro, capace di offrire strumenti e prospettive, oltre alla pura dimensione tecnica, ad aver reso prezioso questo momento.
Se ci fermassimo “soltanto” a questo, sarebbe un po’ come valutare la riuscita di un evento dalle foto e dai reportage pubblicati sui social media. Che differenza c’è tra la foto del gruppo X e la foto del gruppo Y? Decine o centinaia di praticanti, in linea, alcuni seduti, altri in piedi.
Visi stanchi e sorridenti, di solito.
L’edizione del 2024 di questo format itinerante in Italia coincide con la scadenza del quadriennio olimpico. Nelle varie federazioni scadono i mandati dei presidenti e, con essi, le varie commissioni che sovrintendono l’organizzazione e la gestione delle attività sul territorio nazionale.
È dunque un momento in cui si può riavvolgere il nastro e fare qualche considerazione, tanto sul ruolo di una Federazione, quanto su come e perché “stare dentro” un movimento.
Per loro natura, le attività umane attraversano contemporaneamente tre dimensioni. Viviamo ciò che facciamo in prima persona ma lo facciamo in relazione con altri e all’interno di dinamiche sociali più o meno regolamentate.
La pratica dell’Aikido è rivolta all’individuo e lo sa il Cielo quanto l’organizzazione di un corso sia il frutto della dedizione e dell’iniziativa del singolo insegnante. Tuttavia è una pratica che esige sul tatami la relazione con altre persone. E’ un’attività che se non è comunicata in modo coinvolgente ed efficace verso l’esterno, finisce con lo scomparire. E, infine, è qualcosa che deve essere organizzato all’interno della cornice normativa nazionale e comunitaria.
Parlare a queste tre componenti è il compito di un’istituzione.
I seminar, negli anni, sono diventati un luogo di confronto mediato dalla pratica e non solo un momento in cui fare tecniche a nastro per ore. Il dialetto stilistico indicato come unico programma tecnico ha lasciato spazio a un programma basato sui principi dell’Aikido, così da valorizzare la storia particolare di ciascuno, anziché “forzare la conversione” e perdere la ricchezza delle varie espressioni stilistiche esistenti.
A livello regionale come nazionale, il coinvolgimento di nuovi docenti nella co-conduzione didattica ha rappresentato un nuovo modo di responsabilizzare i tecnici nel loro percorso di formazione, perché si può insegnare solo ciò su cui si è competenti e la competenza si acquisisce nel tempo con tanto studio e lavoro.
Infine, i seminari sono diventati un terreno di confronto che si trova sempre più al di fuori dello stile di appartenenza: per quello esiste il Dojo in cui si pratica nella settimana e i propri riferimenti tecnici. Per questo in queste occasioni si fa esperienza di una sana fatica, che non è solo fisica ma anche e soprattutto di continuo adattamento e di continua rimappatura delle proprie competenze e attitudini.
Questa, in poche righe, la traiettoria descritta negli ultimi quadrienni olimpici. Anni in cui abbiamo attraversato innumerevoli riunioni con altri tecnici, alcuni convinti che non si dovesse toccare nulla, altri che si dovesse rivoluzionare tutto, altri desiderosi di quel tanto di cambiamento necessario a gestire in serenità le proprie attività, altri smaniosi di emergere “al posto di”.
Tutti in qualche modo desiderosi di cambiamento. E il cambiamento, comunque è avvenuto.
La FIJLKAM, a conti fatti, rappresenta poco più del 10% dell’Aikido italiano e, per mandato istituzionale, deve poter offrire un approdo a quanti vogliano farne parte.
Allo stesso tempo, come tutte le altre federazioni, non ha come obiettivo la rappresentanza della totalità dei praticanti e, probabilmente, se mai questo fosse raggiunto, non sarebbe nemmeno un bene.
E’ pur vero che la complessità gestionale introdotta dalle nuove riforme dello sport da un lato e la progressiva riduzione delle aree di autonomia degli Enti di Promozione Sportiva dall’altro, portano inevitabilmente il mondo associazionistico sportivo a fare scelte di semplificazione e di riorganizzazione diretta verso le federazioni sportive nazionali.
Le Arti Marziali non fanno eccezione.
Per quello che abbiamo visto questi anni, per l’atmosfera respirata progressivamente nel tempo e confermata anche in questi giorni a Salerno, ci sembra di poter dire che il settore Aikido della Fijlkam abbia portato a termine il primo, fondamentale segmento fondante della trasformazione necessaria per divenire, al pari delle altre Arti Marziali, un luogo dove poter confluire per valorizzare, preservare e potenziare la propria storia di praticante e di gruppo.
Quali saranno i prossimi passi? Non possiamo saperlo. Di certo sappiamo che siamo praticanti di una disciplina molto povera ma che ha una ricaduta sociale molto alta. Non abbiamo gare, non abbiamo sponsor. Come del resto i corsi di difesa personale, se è per quello…Ma solo un pazzo negherebbe il valore, anche economico, degli impatti nella società di una buona formazione nel campo della difesa responsabile.
Col tempo, quindi sappiamo che non sarà domani, ci piacerebbe sapere che a fianco dell’impegno personale, insostituibile, per promuovere le nostre attività, ci sia una comunità di persone che opera sempre più, nello stesso ambito, con lo stesso approccio.
Ci piacerebbe che là dove viene meno la capacità del singolo di entrare in contatto con il mondo della scuola, del terzo settore, degli operatori della sicurezza e della formazione, fosse la stessa Federazione a facilitare questa connessione, attivando collaborazioni, canali e strumenti di comunicazione che diffondano la disciplina e, con essa, i suoi valori.
Siamo certi che, così come noi e molti come noi ci approcciamo da professionisti al nostro pubblico, anche le istituzioni di cui facciamo parte riconoscano la necessità di dotare l’intero movimento di strumenti sempre più in linea con esigenze al passo con i tempi.
Oggi sembra quasi di parlare di aprire un Dojo su Marte ma una dozzina di anni fa sembrava impossibile arrivare dove siamo adesso come movimento.
Un grande grazie quindi a tutti noi: a chi ha lavorato costantemente sotto i riflettori superando diffidenza e inerzie e a tutti quelli che hanno avuto la costanza nel tenere accesa una visione che pian piano è diventata realtà.